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A proposito di Jihad: “Non si può solo reprimere”

Un incontro con chi conosce bene il terrorismo islamico
A proposito di Jihad: “Non si può solo reprimere”

Nell’ampio  laboratorio di Informatica dell’IISS ”Caramia Gigante”, nella sede di Alberobello, il 3 maggio 2019, un numeroso pubblico di alunni attende l’arrivo del Giudice Stefano Dambruoso. Alle ore 10:00 ca. fa il suo ingresso  il  Magistrato, che oggi  è Sostituto Procuratore a Bologna. Sembra contento di potersi relazionare con tanti ragazzi a proposito del suo libro, “Jihad”.

Dopo il saluto del Dirigente Scolastico, il Sindaco di Alberobello si dice sorpreso di vedere tanti

ragazzi con un libro in mano, invece di un cellulare.

Il Magistrato accetta volentieri di sottoporsi ad una conversazione con gli alunni che hanno letto il suo libro e preparato una raffica di domande.

Il libro tratta il fenomeno dei foreign fighters, che combattono per il cosiddetto Stato Islamico. “Si tratta di donne e di uomini; di persone istruite o che non hanno mai terminato gli studi; di figli di immigrati o di convertiti; di appartenenti alla classe media o a quelle più disagiate”. Li accomuna la giovane età, il rifiuto del mondo in cui sono vissuti e l’adesione radicale e violenta all’Islam sunnita. Sono diventati jihadisti per una mancata socializzazione nel “gruppo di origine”, per cui non hanno una identità in cui riconoscersi. A ciò si possono aggiungere problemi familiari, scolastici, economici. Per questa serie di motivi avviene la conversione o la radicalizzazione. Il libro, dopo una descrizione accurata del fenomeno terroristico, si sofferma su diversi casi di jihadisti individuati e bloccati in Italia prima che potessero agire. Le indagini hanno portato all’attuazione di un decreto legge sul terrorismo del 2015,  più volte modificato per adeguarlo alle caratteristiche del fenomeno e alla legislazione europea.

Tra i vari casi approfonditi nel libro, spiccano quello di Mouner El Aoual, trattato come un figlio da una famiglia italiana che lo ospita a Torino.  Ad Inzago, tra Milano e Bergamo, si radicalizza l'intera famiglia Sergio la cui figlia, che prende il nome di Fatima, va a combattere in Siria dove è probabilmente deceduta. Farooq Aftab, di origine pakistana, è invece un campione di cricket, apparentemente ben integrato che vive in un comune milanese e che si radicalizza rapidamente. Ma il caso che più colpisce è quello di Alfredo Santamato, un cittadino italiano 42enne, di professione camionista che sposa una musulmana e si converte all'Islam. Egli vive a Turi (BA) e la sua storia ci dà l'idea di come questo fenomeno può esistere anche tra noi.

Nonostante questi casi ci preoccupino, lo scopo del libro è quello di rassicurare i lettori

umanizzando i jihadisti ed evitando la diffusione del  pensiero che i seguaci di Allah siano tutti

potenziali terroristi.  Il Giudice Dambruoso ha ripetuto più volte che "non si può solo reprimere,

ma bisogna reintegrare".

classe 4^ B Agrario

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